Uno studio McKinsey rivela che il 40% dei lavoratori a livello mondiale è intenzionato a cambiare lavoro nei prossimi mesi, e nel nostro Paese fra aprile e giugno 2021 quasi mezzo milione di persone ha dato le dimissioni, secondo le rilevazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il fenomeno delle grandi dimissioni – Great Resignation non sembra prossimo alla sua fine ed è un fenomeno che preoccupa le aziende di tutto il mondo.
In un articolo del New York Times, la ricercatrice Emma Goldberg ha approfondito il tema, evidenziando come i millennial abbiano timore dei lavoratori della Generazione Z, che hanno idee molto chiare circa la richiesta di migliori condizioni di lavoro, verso rapporto più equilibrato tra lavoro e vita privata
Uno studio di Personal Capital e The Harris Poll ha scoperto che ben due terzi degli americani intervistati desidera cambiare lavoro. Tra i più giovani, la percentuale arrivava addirittura al 91%, più di qualsiasi altra generazione.
Il trend non fa pensare che la situazione sia destinata a migliorare nel breve tempo, soprattutto stando ai dati forniti da un’altra interessante ricerca (Gallup) che rivela come il 48% dei lavoratori sia alla ricerca attiva di un’alternativa all’attuale posizione.
Addirittura, secondo la ricerca McKinsey, questo dato aumenta di ben 10 punti percentuale arrivando ad significativo 58%; sottolineando che il 36% dei lavoratori dichiara di aver lasciato il posto di lavoro senza, di fatto, alcuna alternativa.
Questo fenomeno pare destinato a consolidarsi, almeno nell’immediato futuro, ridefinendo il rapporto tra azienda e lavoratori. Vi è indubbiamente una maggiore sensibilità e attenzione a preservare il proprio tempo e a trovare un equilibrio sostenibile e inedito rispetto ad un tempo, verso nuove priorità e una maggiore presa di coscienza.
Di certo l’esperienza dello Smart Working ha portato molti di noi a “saggiare” un nuovo modo vivere la propria vita professionale e sentire l’urgenza di ridistribuire il peso dell’una sull’altra.
Stando al rapporto fornito dal Censis, in Italia la situazione sembra leggermente diversa; i lavoratori pare abbiano un approccio più conservativo circa il proprio posto di lavoro; un meccanismo, poco utile stando ad una “condizione di fatto” che fa sì che le posizioni aperte rimangono tali per molto tempo, causando deficit organizzativi nelle aziende che, evidentemente, non riescono ad attrarre in modo efficace le risorse.
Il sentimento di generale disaffezione al lavoro dipende dall’insoddisfazione circa la propria condizione, che porta a ritenere il tempo dedicato al proprio impiego come tempo sottratto ai propri affetti e svaghi, in un’ottica decisamente alienante.
In questa circostanza la soluzione sta nella disponibilità dei leader di comprendere le priorità dei propri dipendenti e favorire un allineamento tra le parti. Perché ciò si realizzi, i manager devono dotarsi di grande empatia e aprirsi sinceramente ad un ascolto attivo, verso il consolidamento di un rapporto di fiducia.
Le ragioni principali alla base dell’abbandono del posto di lavoro dipendono dal non sentirsi apprezzati o non sentirsi parte dell’azienda.
La logica del win to win
La condivisione dei valori, degli obiettivi è il primo passo per ridurre le distanze con i propri collaboratori. Riconoscere il valore dell’operato e delle competenze è un modo per innescare quei processi virtuosi di valorizzazione del talento verso il concretizzarsi di in un vero e proprio investimento da parte dell’azienda di un programma di crescita professionale che sia appagante e duraturo, in piena “logica win to win”.
La flessibilità è un altro tema fortemente prioritario. In tanti hanno apprezzato la possibilità di lavorare da casa e preferirebbero poter continuare a farlo, anche solo part-time.
Le aziende che hanno interiorizzato il concetto di agilità lo hanno potuto esprimere in maniera evidente durante la pandemia consolidando un rapporto di profonda fiducia con i propri dipendenti: una crisi globale può tirare fuori il meglio dalle persone, portando creatività e innovazione. Grazie a una cultura ricca e positiva, le organizzazioni, non solo sopravvivono, ma prosperano nell’affrontare sfide come la pandemia.
La formazione: una grande leva motivazionale
Per qualsaisi risorsa, sapere di essere coinvolta in un programma organico di accrescimento delle proprie competenze, può essere fortemente motivazionale e incentivare la consapevolezza di essere un plus valore per l’organizzazione. Inoltre, consente di soddisfare la percezione reale di poter aspirare a un salario migliore e prospettive di carriera.
Alcune aziende possono trovare nella formazione a distanza delle valide soluzioni, ottimizzando i costi di investimento senza mettere in secondo piano la qualità formativa.
Dunque formazione aziendale a distanza può essere un ottimo modo per fare upskilling, reskilling e ridare motivazione ed energia ai dipendenti.
Perchè un progetto di ridefinizione delle competenze sia davvero efficace occorre considere in modo puntuale le motivazioni, le aspirazioni che i dipendenti hanno rispetto alla formazione pertanto, la proposta deve ripsecchiare, da un lato, le competeze effettivamente utili e in linea con le proprie mansioni, dall’altro anche le modalità più idonee affinchè la essa risulti davvero efficace, adottando, per esempio, delle modalità di apprendimento blendeed che accumini le qualità dell’on line a quelle della formazione tradizionale, fino a delle modalità che contemplino lo scambio con i colleghi.